6. I Dieci Comandamenti base imprescindibile dell’attività economica

Omelia alla Santa Messa celebrata davanti allo stabilimento dell’acciaieria Monteforno il 6 marzo 1994 a Giornico

In questa terza domenica di Quaresima, la celebrazione della giornata mondiale dell’ammalato ci ricorda che la sofferenza non coincide con la malattia. Oggi celebriamo una giornata che ci richiama al dovere di essere solidali con tutti quelli che soffrono, qualunque sia la causa della loro sofferenza e del loro dolore.
La sofferenza, che si è abbattuta come un’ombra gelida su queste valli, non è dovuta a malattia, ma a volere di uomo. Allora, più che mai, dobbiamo interrogare la Parola di Dio, propostaci da questa liturgia, per ottenere suggerimenti sul modo di comportarci di fronte ad eventi che minacciano la sicurezza personale e familiare degli operai di questo stabilimento, così importante dal profilo economico e sociale per tutta la regione e per il nostro Cantone.
Il primo testo, che abbiamo sentito leggere, ci ricorda quel momento centrale della storia del mondo, in cui il Signore ha consegnato all’umanità le due Tavole dei dieci Comandamenti.
L’ osservanza della Legge di Dio è la base imprescindibile di un’esistenza personale e sociale rispettosa della dignità umana.
Nessuna convivenza umana è possibile senza l’osservanza dei dieci Comandamenti, poiché, tra noi uomini così diversi per origine, razza, lingua, colore e cultura, il vivere pacificamente sullo stesso territorio presuppone il riconoscimento comune dell’esistenza di un Dio trascendente, che ci ha creati, che ci ama tutti come Padre, indistintamente, e che a ciascuno perdona i rispettivi peccati; presuppone la pratica di quei Comandamenti, che regolano il nostro rapporto personale e sociale con Dio, e sono contenuti nella prima Tavola della Legge.
È evidente che sarebbe ancora più impensabile poter vivere nella concordia, se dovessimo disattendere gli altri Comandamenti, contenuti nella seconda Tavola della Legge, che regolano il rapporto vicendevole tra gli uomini, come quello di non rubare, di non mentire, di non ammazzare, di non commettere adulterio.
In effetti, tutti abbiamo davanti agli occhi le immagini della realtà concreta in cui viviamo che ci fa capire perfettamente quanto sia vero il principio che, senza l’ osservanza dei Comandamenti, la guerra, la violenza e l’ingiustizia prevalgono sulla pace.
Gli effetti devastanti della guerra nella ex-Jugoslavia sono il riscontro esatto di quanto sia vero che solo l’osservanza dei Comandamenti, a livello individuale e collettivo, preserva l’umanità dall’orrore, dalla violenza e dall’odio. In Bosnia, come in numerose altre regioni del mondo, oggi, si bestemmia, si ammazza, si ruba, si stupra: nessun comandamento di Dio è rispettato. Il risultato sono la guerra, il dolore, la strage, l’odio, la violenza e l’abiezione umana.
Assieme al Sommo Pontefice, che nella sua recente Enciclica Veritatis splendor ha riproposto, a tutta l’umanità la pratica dei Comandamenti di Dio, oggi, più che mai, dobbiamo riconquistare la consapevolezza che la Legge morale di Dio non è un peso ingiusto imposto all’uomo, ma la condizione, perché la nostra vita umana non si trasformi in barbarie. Il rispetto dei Comandamenti di Dio è fondamentale, affinché nella nostra vita personale rimanga un riflesso dell’immagine e somiglianza di quel Dio trascendente che portiamo dentro di noi.
Di fronte a quanto sta avvenendo in questo stabilimento e in in questa zona industriale, a noi così cara, sentiamo il bisogno di rivendicare in modo particolare il rispetto di due Comandamenti fondamentali.
Il primo, quello di non dare falsa testimonianza; cioè il dovere di dire la verità. Ognuno di noi, uomo o donna, singolo operaio o famiglia, ha bisogno ed ha il diritto che sia detta, senza reticenze, tutta la verità di quello che sta per avvenire o è già avvenuto. Solo di fronte alla verità è possibile che ciascuno di noi possa accettare il susseguirsi degli eventi e delle decisioni.
Di fronte all’eventuale menzogna, per contro, non può nascere altro che la ribellione. La menzogna va contro la dignità della persona umana e la verità è la condizione indispensabile per realizzare una convivenza umana giusta, civile e democratica.
Il secondo Comandamento, di cui, in questo contesto,  vorrei richiamare l’urgenza, e quello di non rubare.
La vita umana e sociale deve essere fondata sulla giustizia.
Abbiamo bisogno e abbiamo diritto di poter constatare che quanto succede e viene deciso, avviene e succede nel rispetto assoluto della giustizia. Non è possibile che la gente perda il lavoro, che le famiglie siano destabilizzate, che una regione sia precipitata in una situazione di depressione, unicamente in nome del profitto e ancor meno della sua massimizzazione.
Facendo queste osservazioni, intendo semplicemente ricordare che la convivenza tra di noi può essere giusta, dignitosa, democratica e rispettosa di ogni singola persona, solo alla condizione imprescindibile che i Comandamenti di Dio, e in particolare il Comandamento di dire la verità e quello di praticare la giustizia, e perciò di non rubare, vengano rigorosamente rispettati.
Questa sera ci siamo riuniti per vivere un duplice gesto di solidarietà, umana e cristiana nello stesso tempo. Non possiamo, infatti, lasciar sole queste famiglie, minacciate dalla perdita del loro lavoro; non possiamo lasciar soli, in mezzo a noi, coloro che hanno pianificato la propria esistenza attorno a questa sorgente di produzione, rappresentata dalla Monteforno.
Dobbiamo perciò stringerci attorno a queste persone e a queste famiglie con un abbraccio umano, perché esse appartengono alla nostra vita, alla nostra storia e alla nostra memoria.
Porto nel cuore, infatti, l’immagine di quando ero bambino e venivo a Bodio in vacanza presso i nonni. Verso le quattro del mattino, sentivamo sfrusciare in bicicletta, lungo la strada che attraversava l’abitato, la sciolta degli operai. Una massa silenziosa di uomini che da Pollegio, da Biasca e da Malvaglia venivano alle fabbriche di Bodio per riprendere il lavoro, e dare il cambio ai loro compagni. Prima di riaddormentarci, sotto le coperte, qualcuno sussurrava: <<Sono quelli della fabbrica!>>.
Questa generazione e quelle seguenti venute dall’estero, prima e dopo la seconda guerra mondiale, appartengono alla nostra storia.
È stata questa gente, cui guardavamo allora, purtroppo, con grande diffidenza, che ha aiutato noi vallerani a realizzare l’incontro tra la cultura contadina e quella operaia. La presenza di tutti questi operai ci ha lasciato intravedere un altro modo di vivere, diverso da quello contadino, nel quale siamo nati. Un orizzonte di vita diverso e più aperto ai problemi reali dell’umanità.
Dal loro incontro abbiamo tratto grandi vantaggi spirituali e abbiamo potuto guardare oltre i confini angusti delle nostre valli, dove il mondo operaio, tipico delle zone industriali, con i suoi problemi e i suoi valori, era ancora sconosciuto.
Proprio oggi dobbiamo prendere coscienza di quanto siano stati preziosi gli operai di queste fabbriche, venuti da lontano, che, con la loro fatica, hanno collaborato alla nostra ricchezza.
Oltre a questo gesto di solidarietà umana, oggi, dobbiamo fare anche un gesto di solidarietà cristiana, perché la nostra fede non sarebbe autentica e non toccherebbe realmente la coscienza della nostra persona se stessimo semplicemente a guardare e non ci stringessimo attorno a queste famiglie, che vengono a trovarsi in una situazione di grande precarietà e si risvegliano in preda forse alla più grande delusione della loro vita.
La fede ci domanda di essere loro vicini nella preghiera e nella carità, per aiutarli a superare questo momento difficile, senza ribellarsi interiormente contro il Signore. Dobbiamo aiutarli ad accettare interiormente le vicende della loro vita con atteggiamento cristiano. Infatti, nella disgrazia, la peggiore delle cose e il non saperla accettare come momento che ci aiuta a riflettere e può provocare in noi una conversione spirituale. Questo nostro aiuto sarà tanto più efficace se saremo loro vicini anche nella lotta per difendere i loro diritti sacrosanti, che oltretutto sono anche i nostri.
Il Signore non può non ascoltare questa preghiera, che è vostra, del Vescovo e di tutto il Clero di queste Valli.Il Suo aiuto è indispensabile, anche perché le trattative presenti e future possano essere illuminate, in entrambe le parti, dalla consapevolezza che non è possibile vivere nella giustizia, nella dignità e nel reciproco rispetto, se dovessimo violare i Comandamenti, che Lui stesso ci ha dato per garantire tra noi una convivenza pacifica.