Introduzione

INTRODUZIONE

Chi ha curato queste pagine aveva un solo obbiettivo: quello di far conoscere il Vescovo di una minuscola porzione della Chiesa, quale è la Diocesi svizzera di Lugano, e la sua opera di Pastore e di educatore della fede del suo popolo. Eppure, tanto piccola era la comunità cristiana affidata alle sue cure di padre, tanto grande fu la determinazione di servire, in quella ristrettezza di confini, con geniale apertura, la Cattolica, l’intera Chiesa.
Eugenio Corecco fu un significativo teologo, per alcuni aspetti addirittura un capo-scuola, anche se di quella parte della Teologia, il Diritto canonico, che ancora stenta ad affermarsi a pieno titolo nella gamma delle discipline teologiche.
Un Vescovo impegnato per la maggior parte della sua vita nella ricerca teologica e nell’insegnamento universitario cui, inaspettatamente, viene affidata la cura pastorale della piccola Diocesi svizzera.
Sembra, leggendo lo snodarsi della sua vita, di imbattersi in quei Padri dei primi secoli della Chiesa che, nonostante fossero pastori di piccole comunità, seppero, per genialità propria e magnanimità di sguardo culturale e spirituale, navigare in vasti orizzonti di pensiero; ricchezza che ricadeva come pioggia benefica, modulandosi ed adattandosi, nel quotidiano incontro con uomini e donne che alla casa del Vescovo venivano a sottoporre problemi intimi, persone che aprivano a lui il cuore pieno di preoccupazioni e pensavano di avere da lui la soluzione decisiva per la loro vissuta quotidianità . “Un’anima vale bene una Diocesi”, ripeteva il grande Vescovo di Milano, San Carlo Borromeo.
Il Vescovo Eugenio Corecco aveva questo naturale rispetto e accondiscendenza per la persona, una fedeltà istintiva per l’interlocutore che incontrava sul suo cammino.
Consapevole della sua missione di Vescovo, si trovava a suo agio, quasi spontaneamente, con gli articolo da scrivere per riviste specialistiche come nelle aule universitarie, preso dalla passione di comunicare e di stare con i giovani studenti; nell’Aula dei Sinodo dei Vescovi a Roma; nelle visite pastorali delle valli alpine, come sul letto della lunga dolorosa malattia.
Un cristiano e un Vescovo certamente da conoscere, perché animato da un unico assillo: educare ed amare Cristo e la sua Chiesa, le uniche realtà che potevano -a suo dire- rispondere a cio’ che è l’attesa e la speranza del cuore dell’uomo moderno.
La storia della salvezza, dunque, continua nella persona e nell’autorevolezza dei pastori del popolo cristiano; questi “mistici in azione” – come amava dire Daniel Rops – che incarnano la paternità stessa di Dio: “Egli lo (il Suo popolo) trovo’ in terra deserta, in una landa di ululati solitari. Lo circondo’, lo allevo’, lo custodi’ come pupilla del suo occhio” (DT 32, 10).
Questo è il destino e la missione del Vescovo. Lo furono anche per il Vescovo Eugenio nei riguardi della Chiesa a lui affidata. Si prese cura della gente e la educo’ come la parte piu’ preziosa del suo destino di uomo e di sacerdote. A tal punto il popolo a lui affidato risulto’ ai suoi occhi prezioso, che fin sul letto di morte non esito’ a offrire per esso – e questo piu’ volte – la sofferenza e il suo morire.
L’intento nello scrivere questo volume e quello di fare emergere la ricchezza della sua intima e pubblica  personalità  nei suoi molteplici interessi.
È il Vescovo Eugenio che parla in questo libro e continua nel suo magistero episcopale, ancora attuale, perché al di là delle mutate situazioni storiche in cui ha scritto o parlato,cio’ che è stato da lui colto e individuato, ascoltato e amato è l’uomo nella sua concreta esistenza.
Non a tutti è stao dato di comprenderlo appieno. L’irresistibile ansia di correre o di percorrere, di decidere rapidamente sul da farsi, spesso lo voleva solo nelle decisioni da prendere.
La lunga e sofferta malattia lo determinava a camminare ancor piu’ speditamente, dal momento che la consapevolezza della brevità del tempo concessogli e la morte incombente, lo trovavano largamente in debito sui progetti ancora incompiuti.
Questa è la parte piu’ sconosciuta del Vescovo di Lugano: il suo insistente non recuso laborem e l’offerta di sé e del suo soffrire per il Papa e la Chiesa che resentano i connotati dell’autentica santità.
Fu cosi’ che il letto della malattia divenne l’altare del sacrificio spirituale e la cattedra del magistero ancora tutto da scoprire .
“Ho chiesto alla Madonna ancora cinque anni di vita per portare a termine il lavoro che il Signore mi ha consegnato”,confido’ tra le lacrime a due amici, dopo la S. Messa del suo ultimo pellegrinaggio a Lourdes, compiuto per chieder il miracolo della guarigione; e subito dopo, come sollevato da un enorme peso, se ne ritorno’ a casa disponibile a tutto, qualsiasi ne fosse stato il prezzo. Il miracolo lo aveva già ottenuto: quello di affidarsi totalmente a Dio, lui che era cosi’ vitalmente amante della vita terrena.
Ma quali furono i punti essenziali che piu’ ebbe presente nella sua opera educativa nei confronti dei battezzati a lui affidati?
Mi sembra di individuarli tutti nel patrimonio educativo nella Chiesa: la famiglia, la mamma, le zie, con l’orizzonte di certezze cattoliche tanto poco ostentate, quanto esistenzialmente sentite e vissute.
Determinante per il suo percorso educativo ed ecclesiale fu l’incontro con il fondatore di Comunione e liberazione, don Luigi Giussani. Credo di poter affermare che l’insieme della sua riflessione teologica-canonistica, già orientata in senso ecclesiologico dal suo maestro scientifico di Monaco, Klaus Mérsdorf, fu permeata dalle priorità, dalla flessione, dal sentire propri di quel Movimento ecclesiale che varco’, proprio a Lugano e con il suo contributo, la prima frontiera all’estero.
Inoltre, Mons. Corecco è un Vescovo che ha ereditato il patrimonio del Concilio Vaticano II, impegnandolo con intelligente, costante ricerca.
Nato come studioso, negli anni dell’evento conciliare, ha guardato ad esso e all’insegnamento che ne scaturi’ con il grande senso della Tradizione viva della Chiesa.
Non si lascio’ distrarre da un modo d’interpretazione ingenuo e distorto di quell’evento; anzi coopero’ a correggere eventuali fraintendimenti, partecipando in modo determinate alla nascita della Rivista Teologica  Internazionale Communio.
Priorità assoluta di Cristo, il sentire cum Ecclesia, l’articolarsi della dinamica comunionale del popolo cristiano fin nelle sue determinazioni giuridiche, furono i suoi punti di riferimento. Ma soprattutto la centralità della Persona, afferrata dal Mistero di Dio con le sue proprie connotazioni umane, fu percepita come l’asse portante della sua preoccupazione pastorale. La “ pastorale e quidi l’educazione alla fede delle persone” e non “la pastorale delle cose da amministrare” era diventato per lui uno slogan programmatico.
Uomo libero e obbediente, affezionato al Papa, Eugenio Corecco era nella condizione adeguata e non sospetta per  indicare nuovi percorsi, anche istituzionali, all’interno della Chiesa. Non collaboro’ a sconfinamenti in campi stravaganti e sterili, né ingombro’ di esperimenti confusi il cammino di fede del popolo cristiano a lui affidato. Di questa libertà nel dire e nel proporre nuove letture e soluzioni ai sopraggiunti eventi ecclesiali, si accorsero i suoi molteplici interlocutori: sia nella Commissione speciale, di cui fu membro, che il Santo Padre nomino’ perché lavorasse con lui nella lettura finale del testo del futuro Codice di Diritto canonico; sia nei Sinodi dei Vescovi a Roma in cui fu nominato due volte (1987 e 1990), una delle quali direttamente da Giovanni Paolo II. Era uomo fedele alla Chiesa, quindi misurato anche nel proporre l’ineditoe il nuovo. Di questo si trova abbondante testimonianza nelle pagi9ne che offriamo alla lettura.
L’accostarsi a lui potrebbe essere un’esperienza interessante e arricchente proprio dal punto di vista sia teologico che educativo.
Certamente leggerlo contribuirebbe a formare quel tipo umano unificato, tra sapienza e azione, che solo il capolavoro della fede puo’ produrre “in una terra percorsa da ululati solitari e selvaggi”.

ERNESTO WILLIAM VOLONTE’