La missione del Sacerdozio Ministeriale e i Carismi

Cardinale Péter Erdö
Arcivescovo di Esztergom-Budapest

Pur essendo presente sin dall’inizio, la concezione secondo cui è la totalità della Chiesa a proseguire la triplice missione di Cristo, le fonti dei primi secoli sottolineano  qualitativamente  e innanzitutto il compito degli Apostoli, dei Vescovi e delle altre persone ordinate per quanto riguarda le singole funzioni, ponendoli ad esempio di fronte alla Chiesa, come vicari di Cristo. Nei primissimi tempi non si hanno controversie tra “carismatici” e ministri 1 ,siccome i doni dello spirito sono ricevuti innanzitutto dalla Chiesa che li distribuisce, attraverso gli uffici e i compito vari , ai propri membri  e chi esercita per il bene di tutti. I carismi senza la Chiesa, al pari degli uffici senza lo Spirito, sarebbero altrettanto assurdi e pericolosi 2. Per i Padri della Chiesa non esiste una tensione ineliminabile  tra il carisma e l’istituzione. Essi avvertono che l’ufficio della direzione di una istituzione è un ministero che è anche un carisma. Percio’ i Profeti sono giudicati dalle comunità e dei loro responsabili (cfr 1 Cor 14,29-30). C’è un rapporto dialettico tra la comunità, cioè tra l’assemblea delle persone convocate dal Signore  (ecclesia) e i pochi cristiani che rivestono gli uffici delle responsabilità. Come afferma Angelo di Bererdino, dopo l’era apostolica è ormai chiaro che nella persona del Vescovo sono riunite le diverse caratteristiche dell’autorità, essendo lui la guida, il pastore, il maestro, il dirigente (sacerdote) della liturgia, il profeta, l’uomo dello Spirito ch’egli riceve tramite l’ordinazione, per mezzo della Chiesa 3. Già alla fine del primo secolo  San Clemente Romano motiva nella lettera  ai Corinzi l’obbedienza ai superiori ecclesiastici scrivendo che la loro autorità è fondata sugli Apostoli, inviati da Cristo. Come è evidente , Clemente fa qui esplicito riferimento all’idea della successione apostolica 4. Sant’Ignazio di Antiochia deriva la necessità dell’obbedienza ai ministri sacri , soprattutto i Vescovi , dal fatto che essi sono rappresentanti del Vescovo invisibile, cioè Cristo 5. Contraddire il Vescovo equivale contraddire Dio 6. Sant’Ireneo dichiara invece che bisogna obbedire nella Chiesa ai Presbiteri (Vescovi), perché sono i successori degli Apostoli, che avevano ricevuto nella successione episcopale il carisma della verità sicura, secondo la volontà del Padre 7. Per i padri della Chiesa l’autorità proviene ultimamente da una fonte divina. Cio’ vale in senso piu ampio anche per il potere dello Stato (cfr Rm 13, 1-2). Questa affermazione riguarda la Chiesa  in maniera del tutto particolare. Gli autori ecclesiastici dei primi tempi affermano in base a citazioni bibliche che il padre invia il Figlio che poi invia gli Apostoli  (Gv 20, 21; 17, 18). A questo schema iniziale vengono ben presto aggiunti i Vescovi. Questo è dato riscontrare sia nelle affermazioni già citate di San Clemente Romano , sia , ancor piu’, in Ireneo 8 e Tertulliano. Tertulliano si esprime addirittura cosi’: dobbiamo attenerci alle regole che la Chiesa ha ricevuto dagli Apostoli , gli Apostoli da Cristo e Cristo da Dio 9. Tutte le fonti dell’autorità della Chiesa sono fornite dagli Apostoli. Gli elenchi vescovili sono le prove per la forza legittimante della apostolicità. La redazione di questi elenchi è una tendenza del tutto consapevole a partire dal II secolo, a partire dall’attività di Egesippo che legge nella successione la garanzia della tradizione apostolica10.
Il Carattere apostolico è un criterio decisivo sia nell’insegnamento che nella prassi. Esso si collega strettamente con la successione legittima dei Vescovi; anzi. Le due realtà si presuppongono a vicenda. Il carattere apostolico si riferisce all’origine della Chiesa, all’insegnamento, all’ufficio dei Vescovi e alla fonte di questo. Gli elenchi sopra menzionati volevano essere le dimostrazioni storiche di tutto questo. È risaputo che le eresie di carattere gnostico facevano riferimento a tradizioni segrete. Il Cristianesimo , in lotta con esse, era costretto a sottolineare  la successione apostolica. L’opera intitolata Confutazione di tutte l’eresie, attribuita al Vescovo Ippolito, attivo all’inizio del III secolo, afferra la sostanza dell’essere i vescovi successori degli Apostoli nel fatto che essi partecipano (particolarmente e totalmente) alla triplice missione di Cristo. Scrive cosi’: “Noi (Vescovi) che siamo i loro successori (degli Apostoli), che partecipano la grazia del sacerdozio del magistero, noi  che siamo considerati le guardie della Chiesa” 11.
La successione sostitutiva di Cristo è un fatto dotato di forza normativa riguardante l’attività di successori degli Apostoli. Il vicario non agisce sovranamente, ma deve fare tutto secondo la volontà e l’esempio di Colui ch e sostituisce. Questo è per esempio. L’argomento di San Cipriano contro coloro che <<nel calice del Signore>> offrono solo acqua senza vino. << Dobbiamo domandare chi seguono queste persone . Se dobbiamo infatti seguire solo Cristo nel sacrificio offerto da Cristo, allora dobbiamo obbedire a fare solo quello che aveva fatto Cristo e che Lui ci aveva ordinato di fare. Dice cosi’ nel Vangelo: “se fate quel che vi comando, io non vi chiamo piu’ servi ma amici” (cfr Gv 15, 14-15). Opera sostituendo Cristo il sacerdote che imita davvero quel che aveva fatto Cristo ed egli offre un sacrificio a Dio Padre vero ed integro nella Chiesa  se lo offre come lo aveva offerto lo stesso Cristo>>12. Tutto questo vuol dire in termini piu’ ampi che la Chiesa, in quanto prosecutrice della missione di Cristo, deve attenersi strettamente alle norme e all’esempio di Ctristo. La missione, il mandato che la Chiesa dei primi tempi aveva ricevuto in maniera consapevole da Cristo e che concepiva come opera da compiere quale suo sostituto, costituisce il fattore principale dell’istituzionalizzazione. La partecipazione particolare a questa opera struttura la comunità, soprattutto a partire dal II secolo, in maniera piu` chiara e visibile. Il ruolo speciale dei successori degli apostoli, anche se non è concetto  separabile dalla missione  dell’insieme della Chiesa, è un principio in un certo senso diretto ed autonomo dell’organizzarsi originale della Chiesa e della sua realtà istituzionale.
Questo accento particolare che si trova nel materiale trasmesso dalla tradizione , concentrato sulla funzione dei successori degli Apostoli, è stato motivo per il Concilio Vaticano II, negli enunciati successivi del Magistero, nonché per le norme canoniche , per esprimersi sul mistero delle persone che avevano ottenuto il sacramento dell’Ordine e sulla qualità particolare di questo ministero in connessione con la triplice missione generale della Chiesa ,distinguendolo allo stesso tempo da essa.
Nella terminologia ecclesiale ufficiale moderna, << il ministero sacro>> (sacrum ministerium) sta a significare l’attività specifica delle persone ordinate (can.207 S1) o, con altre parole , delle persone che prestano il sacro ministero (ministri sacri). Il nuovo Codice Orientale dà anche una definizione della persone destinate al ministero sacro. Secondo questa, si tratta di <<fedeli eletti dalle autorità ecclesiali competenti e che tramite il dono dello Spirito Santo, ottenuto nel sacramento dell’Ordine, sono destinati a prestare ministero nella Chiesa , partecipando alla missione e al potere di Cristo Pastore>> (CCEO can.323, S1). Il significato del sacro ministero non si limita all’attività liturgica, ma comprende tutte le funzioni specifiche della persona che aveva ottenuto il sacramento dell’Ordine. Questo ministero, assieme al sacerdozio che esiste proprio per questo, fa parte degli elementi essenziali    (elementi costitutivi) della Chiesa, come sottolinea Papa Giovanni Paolo II nella Esortazione apostolica post-sinodale Pastores dabo vobis pubblicata nel 1992.

 

1 Cfr.p.es. A. Lemaire, Les ministères aux origines de l’Eglise , Paris 1971, pp.191-192
2 J Brosce, Charismen und Amter in der Urkirche, Bonn 1951, pp.144 -182
3 V Grossi-A. Di Bernardino, La Chiesa antica: ecclesiologica e istituzioni (Cultura cristiana antica), Roma 1984,122.
4 Clem. 44, 3; cfr. ibidem cap.42
5 Ign. Mg 3, 1-2; Ign Tr 3,1
6 Ign. Mg 3, 1-2; Ign Tr 3,1
7 Iren. Adv. Hear. IV, 6, 2.
8 Iren. Adv. Hear. III, 3, 3; IV, 26, 2-5.
9 Tertull .De Praescr.37, 1;cfr. 21, 4: Ed G.Rauschen, Florilegium patristicum, IV, Bonnae 1906, pp. 51-52; p.31.
10  Siamo a conoscenza degli elenchi di Vescovi Egisoppo dalla storia della Chiesa di Eusebio di Cesarea (HE IV, 22, 1) Cfr. Vanyo, Az okeresztény Egyhaz, pp.288-290. Di Berardino, in Grossi- Di Berardino, la chiesa antica, pp.124-125;J.Dubois, les listes épiscopales, témoins de l’organisation ecclesistique et de la trasmission des traditions, in Revue d’Histoire Ecclesistique de France 62 (1972),pp 9-23
11 Hipp. Elenchos (Philosophumena), praef.:Wendland (GSC 26), 3, pp.3-6. Cfr. p. Nautin, Ippolito, in Dizionario patristico II, 1795 – 1798.

12 Cypr. Ep. 63, 14, 1.4: Campos 609